Oltre che di alcuni romanzi poderosi, per mole e per livello letterario, Tibor Déry, il maggior narratore ungherese contemporaneo, è autore di una serie cospicua di racconti, tra i quali, celeberrimi, Niki e La resa dei conti, raccolti in questo volume. Il paragone, avanzato da molti, con Cechov è pregnante, ma si tratta di un Cechov dei nostri calamitosi tempi, e in particolare del cantore del destino della gente comune, dei proletari e degli intellettuali presi nel turbine delle esperienze rivoluzionarie e controrivoluzionarie dei paesi dell'Est. Déry è socialista e rivoluzionario, e proprio per questo reagisce al regime staliniano facendosene oppositore dentro i margini che riesce a scavare per il suo lavoro e, quando questi saltano come è accaduto con la grande rivolta del '56, rischiando di persona. Arrestato, costretto al silenzio per anni, Déry narrerà la tragica esperienza sua e del suo paese in racconti e romanzi nei quali la storia è rivissuta attraverso effetti, e reazioni che suscita nei destini quotidiani. I racconti qui raccolti hanno un perno: il '56; la lenta incubazione, l'esplosione, la repressione, le vicende degli esuli e dei rimasti, la lunga lacerazione tuttora insanata nonostante le normalizzazioni successive. La misura del racconto è straordinariamente congeniale al talento di Déry, alla sua capacità sintetica, di folgorazione, attraverso vicende realistiche ma al limite dell'allegoria, che scavano nei più vasti e profondi fattori che costituiscono la trama del mondo contemporaneo. La crisi dell'ordinamento comunista è registrata con una incomparabile vivacità, grazie alla tensione morale e politica che anima il loro autore.