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*Fuori e dentro il borgo / Luciano Ligabue

edizione   6. ed
pubblicazione   Milano : Baldini& Castoldi, 1998
descrizione   179 p. ; 23 cm.
serie   Romanzi e racconti ; 88


Instancabile, la Grande Pianura continua a generare storie, miti, leggende. E se la colonna sonora è quella del rock - perché davvero «l'Emilia è un sogno rock», come ha detto qualcuno - la scrittura è quella del racconto popolare, della «storia orale», mentre i protagonisti sono personaggi che costruiscono da soli il proprio mito e spesso trovano da se stessi anche i propri cantori. Non importa se compagni di bevute o grandi scrittori o magari grandi registi o cantanti e scrittori insieme. Il Grande Miracolo è che questo retroterra così riconoscibile riesca a far scaturire scritture sempre nuove, originali, e storie sempre diverse. Tutti i «narratori delle pianure» hanno il loro timbro inconfondibile e nello stesso tempo partecipano di un'atmosfera assolutamente unica. Nel nostro caso, il cantante, quando torna al borgo, trova Virus e Savana, Spiura e Genova, Pluto e Cosmo, Cico, Tondo e il Condor, e Athos «prugna», il boss del liscio, come dire l'altra faccia della musica (e della cultura) popolare di questa incredibile terra «tra la via Emilia e il West»; ma trova anche finalmente i ritmi giusti per concentrarsi su se stesso. Il cantante sa che non sarebbe diventato quello che è senza l'Ines e il geometra Bodoni, senza Bonanza e senza la prima radio libera-ma-libera-veramente, senza i giardinetti in cui ha consumato il proprio «romanzo di formazione». Per questo il racconto sfuma nel diario e il diario (quando il cantante è su un palco, lontano dal borgo) diventa facilmente racconto, e il romanzo di formazione racconto e diario insieme, in cui le storie minime si affiancano alle storie più tragiche: l'omicidio del padre di Tito, che stuprava la figlia; la brutta fine di Freccia; l'epopea della Cianciulli; la visione stralunata e poetica di quell'altro Ligabue, il pittore «matto»; il ricordo dello scrittore più famoso del borgo, Pier Vittorio Tondelli, morto «tre piani sopra». Perché questo è il borgo: racconto e memoria, memoria e racconto, e per questo il cantante sa cosa lo aspetta, quando vi torna. Se stesso, lo aspetta. Se stesso, e le strade, la gente, persino le cose, che lo guardano e lo interrogano non meno delle persone, e i «42 sassi» che gli appartengono di diritto, secondo il rigoroso calcolo fatto da Mandrake e Valvoline un lungo, noioso pomeriggio invernale.
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